Sentenza n. 1089 del 1988

SENTENZA N.1089

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco SAJA,

Giudici

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi primo, terzo, ottavo, undicesimo e tredicesimo, l. 6 agosto 1984 n. 425 (Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati), promossi con ordinanza emessa il 14 gennaio 1987 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso di Perrucci Ubaldo contro la Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri, nonché con due ordinanze emesse il 30 giugno 1987 ed il 26 gennaio 1988 dal Consiglio di Stato su ricorsi proposti da Laserra Giorgio e da Ingrassia Armando contro la Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri, iscritte ai nn. 34, 182 e 345 del registro ordinanze 1988 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7, 20 e 31, prima serie speciale del 1988.

Visti gli atti di costituzione di Perrucci Ubaldo, Laserra Giorgio ed Ingrassia Armando, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 22 novembre 1988 il Giudice relatore Francesco Saja;

uditi l'avv. Maurizio Steccanella per Perrucci Ubaldo, l'avv. Michele Scudiero per Laserra Giorgio e l'avvocato dello Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Data l'analogia del loro contenuto, i tre giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2.-Come già esposto in narrativa, i giudici amministrativi rimettenti sottopongono a questa Corte tre questioni, concernenti tutte l'art. 4 l. 6 agosto 1984 n. 425; il quale, nel determinare i nuovi stipendi per i magistrati di qualsiasi ordine e per gli avvocati dello Stato, valuta diversamente le attività in precedenza da loro svolte prima di assumere le rispettive funzioni. Tale diversità di valutazione, che determina differenti trattamenti economici, solo quanto all'anzianità, per i magistrati ovvero gli avvocati dello Stato pur assunti in servizio in base al medesimo concorso, produrrebbe, ad avviso dei giudici rimettenti, ingiustificate disparità di trattamento e in definitiva darebbe luogo alla violazione dei principi di eguaglianza (art. 3 Cost.), di correlazione del trattamento economico alla quantità e qualità del lavoro svolto (art. 36 Cost.) e infine di buon andamento dei pubblici uffici (art. 97 Cost.); principio, quest'ultimo, che, seppur riferito dalla formulazione letterale della Costituzione alla sola pubblica amministrazione, comprende per ius receptum anche l'organizzazione degli uffici giudiziari.

Le lamentate disparità consistono specificamente: a) nell'essere stata attribuita ad un avvocato dello Stato proveniente dal foro libero la sola anzianità convenzionale di cinque anni (art. 4 cit., secondo comma) e non anche quella effettiva, attribuita ai colleghi provenienti dalle carriere di cui alla l. n. 27 del 1981, ossia magistrati o procuratori dello Stato, ai sensi dello stesso art. 4, ottavo comma (

ord. n. 34 del 1988); b) nell'essere stata attribuita ad un magistrato di t.a.r., assunto in servizio a seguito del concorso per titoli di cui agli artt. 45 e ss. l. n. 1034 del 1971, la sola anzianità convenzionale di cinque anni (art. 4, quarto comma) e non anche, ai sensi dell'art. 4, terzo comma, quella effettiva maturata nell'amministrazione degli interni con posizione inferiore a dirigente generale (ord. n. 345 del 1988); c) analogamente, nel non essere stata riconosciuta ad un consigliere della Corte dei conti l'anzianità effettiva maturata nell'amministrazione della pubblica istruzione come assistente universitario ordinario, ossia con posizione inferiore a quella di dirigente generale (ord. n. 182 del 1988).

3.-In realtà nessuna delle denunciate disposizioni confligge con le norme costituzionali invocate dai giudici rimettenti.

Va premesso che la legge 6 agosto 1984 n. 425, nel riordinare il trattamento economico dei magistrati e degli avvocati dello Stato, ha innovato rispetto al sistema normativo precedente, facendo ricorso, ai fini della determinazione della retribuzione, non ad una disciplina unica, ma conferendo posizioni differenziate alle varie categorie dei soggetti interessati, in relazione, tra l'altro, all'anzianità, maturata prima e dopo l'attribuzione delle funzioni e considerata secondo diversi criteri.

La valutazione differenziata dell'anzianità non si pone in contrasto con alcuna delle norme costituzionali denunciate e neppure contraddice il fine, perseguito dal legislatore secondo la sua discrezionale valutazione, di equilibrare le retribuzioni di tutte le categorie dei giudici, ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché degli avvocati dello Stato (v.

sent. n. 413 del 1988). La circostanza che ad alcuni soggetti, appartenenti ad una determinata categoria, non sia applicabile la medesima disciplina dettata per altri non da luogo pertanto ad ingiusta disparità di trattamento, se la diversità non sia priva di ogni ragionevole giustificazione.

Per quanto attiene alle questioni in esame, la valutazione del legislatore del 1984 e stata determinata dall'intento di attribuire una maggiore anzianità-considerando la maggiore esperienza culturale e pratica da loro raggiunta-ai magistrati o avvocati dello Stato che, prima di entrare in carriera, avessero svolto funzioni analoghe a quelle attuali, oppure avessero raggiunto nell'apparato amministrativo la più elevata funzione, vale a dire quella di dirigente generale.

Conseguentemente, non appare destituito di razionale fondamento il fatto che ad un avvocato dello Stato sia stato negato il riconoscimento dell'anzianità effettiva (ma non di quella convenzionale di cinque anni) relativa all'attività svolta nel foro libero, mentre ad altri colleghi e stato computato il periodo di servizio effettuato come procuratori dello Stato, chiaramente più adatto a maturare un'esperienza utile al miglior espletamento delle funzioni attualmente svolte. Parimenti, non e irragionevole che magistrati del Consiglio di Stato o della Corte dei conti non vedano computati nell'anzianità effettiva periodi trascorsi nella pubblica amministrazione nelle posizioni più varie (ed anche eventualmente non elevate), ossia senza aver raggiunto la massima posizione nell'organizzazione burocratica dello Stato, in cui è possibile maturare una preparazione idonea alla risoluzione dei delicati problemi solitamente sottoposti al giudice amministrativo ed a quello contabile.

4. - La presente pronuncia non contrasta con la

sent. n. 269 del 1988, invocata dalla parte privata Laserra, in quanto in quella decisione venne dichiarata incostituzionale una norma determinante un'alterazione dell'ordine d'anzianità nella carriera degli avvocati dello Stato, alla quale conseguiva un'arbitraria e immotivata posposizione in graduatoria a danno di avvocati forniti di maggiori titoli professionali e di carriera: sicché era evidente la violazione dell'art. 3 della Costituzione.

5.-I superiori rilievi escludono quindi, per la medesima origine delle due censure, la dedotta violazione del principio di eguaglianza ed escludono del pari la fondatezza della doglianza relativa all'art. 97 Cost.

Per quanto concerne, invece, la questione relativa all'art. 36 Cost., osserva la Corte che tale norma non può esser riferita ad ogni e qualsiasi pretesa del lavoratore, ma concerne soltanto l'equilibrio del sinallagma tra prestazione lavorativa e contro prestazione, la quale deve assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Entro questi limiti deve riconoscersi al legislatore ordinario, come già questa Corte ha più volte avvertito, un potere discrezionale, comprendente la facoltà di prevedere un migliore trattamento economico per lavoratori che, pur esplicando la medesima attività di altri, si trovino, ad esempio, in condizioni soggettive idonee ad una più favorevole valutazione dell'anzianità: il che può ragionevolmente comportare un trattamento economico di diversa e maggiore entità.

In conclusione, le questioni sollevate con le ordinanze di rimessione debbono dichiararsi non fondate.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, terzo, quarto, ottavo e tredicesimo comma l. 6 agosto 1984 n. 425, sollevate in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 Cost. dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia e dal Consiglio di Stato con le ordinanze indicate in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30/11/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco SAJA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 13/12/88.